Analogica ossessione Zeiss Ikon Super Ikonta IV 534/16

Zeiss Ikon Super Ikonta IV 534/16

Caratteristiche:

  • Anno di produzione 1955-1959
  • Fotocamera a telemetro con ottica fissa.
  • Formato pellicola 120mm.
  • Formato fotogramma 6×6.
  • Fotocamera di tipo Folding (con obiettivo rientrante e soffietto).
  • Obiettivo Carl Zeiss Tessar 75mm f/3.5, range di messa a fuoco da 1,2m a infinito.
  • Mirino a Telemetro senza compensazione della parallasse.
  • Funzionamento in manuale.
  • Diaframma a 5 lamelle.
  • Otturatore Centrale da 1” a 1/500 più Bulb (per lunghe esposizioni), con sincronizzazione flash su tutte le velocità.
  • Gamma sensibilità da 5 a 640 ISO.
  • Funzione di Autoscatto.
  • Filettatura per scatto flessibile.
  • Caricamento pellicola con avanzamento fotogrammi impostato.
  • Cella esposimetrica al Selenio (ad estinzione) non accoppiata all’otturatore.
  • Presa PC per l’utilizzo di flash esterni.
  • Possibilità di lavorare con coppia tempo/diaframmi agganciate per coppie equivalenti.

Attenzione! Oggi è venuta a trovarci un’elegante Signora di alta borghesia teutonica.

Una Super Ikonta IV (534/16) fotocamera medio formato 120mm  6×6.

Dopo tre articoli è ora di crescere…crescere nelle dimensioni della pellicola ovviamente.

Una piccola premessa sulla pellicola 120mm per i neofiti che vogliono affacciarsi al magico mondo della fotografia lenta e consapevole, quella che viene comunemente chiamata Medio Formato.

 

Ok, intanto diciamo che è una pellicola come tutte le altre, cambia solo nelle dimensioni e nel…vestito.

Rispetto alla più nota 135mm avvolta nel suo guscio di “latta” a protezione dalla luce, la pellicola 120mm è un piccolo rocchetto alto circa 6,10 cm con un’anima cilindrica in plastica “apparentemente” avvolta nella carta…mi raccomando, apparentemente, perché in verità quella carta tiene protetta la pellicola dalla luce.

I rulli 120mm si maneggiano con cura per evitare che nel tentativo di caricarli nella fotocamera un gesto maldestro li faccia cadere o srotolare facendo prendere luce al film, buttando una non proprio economica pellicola.

Detto questo possiamo accennare al fatto che le pellicole 120mm, in funzione del tipo di fotocamera su cui verranno inserite, possono dare origine a diversi tipi di fotogrammi.

I più comuni sono: 6×4,5 cm – 6×6 cm – 6×7 cm – 6×9 cm.

 

E noi oggi abbiamo una bella 6×6 tra le mani…

So benissimo che la tecnologia è in grado di realizzare cose incredibilmente complesse, ma vedere una fotocamera del 1959 sputare fuori un obiettivo con un meccanismo di anta a ribalta alla pressione di un piccolissimo tasto mi manda fuori di testa. Potrei passare un’intera giornata a spingere dentro l’ottica e premere il tastino per riaprirla. Non so…mi ricorda troppo la tartaruga Morla (se non sapete di cosa sto parlando sappiate che avete avuto una triste infanzia, googolate per capire a chi mi riferisco).

 

Questo tipo di meccanismo viene associato a fotocamere che vengono definite “Folding” per la possibilità di poter piegare all’interno del corpo principale l’ottica riducendo notevolmente le dimensioni della camera quando chiusa. In effetti questo ne aumenta notevolmente la portabilità visto che, quando aperta, non è proprio piccola.

 

Io sono del 1976 e sono cresciuto con le prime Volkswagen Golf e Polo, i primi modelli sembravano parallelepipedi sagomati con un’ascia…”scuola tedesca” diceva una persona più grande di me…beh, con gli anni a venire, con la passione per la fotografia e le fotocamere ho capito che in effetti ai tedeschi i fronzoli non piacciono.

La nostra Super Ikonta sembra un mattone leggermente smussato sui bordi, ma sempre con l’ascia. Stondata si, ma a spigoli vivi. Forme rigorose, serie, che danno una forte sensazione di solidità. Sensazione che non rimane tale perché la fotocamera è costruita benissimo. Rigida, pesante, con largo uso di metalli pregiati. Fatta per durare…ed in effetti la Signora sono 60 anni che se ne va in giro.

 

Le macchine Medio Formato sono fotocamere normalissime, uguali in tutto e per tutto a quelle 135mm, solo più grandi per via della pellicola di maggiori dimensioni.

 

Qui abbiamo un mirino con visione a telemetro (direi di ottima fattura per dimensioni e leggibilità), un obiettivo la cui sigla Tessar (https://it.wikipedia.org/wiki/Tessar) è leggenda in ambito fotografico, un otturatore centrale Compur affidabile come un orologio svizzero e tanto, tanto, fascino.

L’esposimetro è del tipo a fotocellula al Selenio, chiamato anche ad estinzione, perché una volta esaurita la sua carica, muore definitivamente…come nel modello che posseggo.

Fortunatamente su questo tipo di fotocamera l’esposimetro serve solo per il calcolo dell’esposizione e non influisce sul funzionamento dei tempi e diaframmi della fotocamera. Insomma per dirla in breve la fotocamera è totalmente meccanica.

Nessun automatismo, nessuna pila, nessun circuito, nessuna diavoleria elettronica si frapporrà tra voi ed il suo funzionamento.

 

Dell’obiettivo quasi non ne vorrei parlare, è come chiedere alle persone cosa ne pensano di una bella giornata di sole dopo tre mesi di piogge torrenziali.

Occhio D’Aquila è il soprannome delle ottiche Zeiss Tessar. Particolarmente incise, nitide, sempre ottime in tutte le situazioni. B&n, colori, pellicola negativa, positiva…fate voi, lui macina tutto, e lo fa bene.

Lucrezia Mandolesi

 

La Super Ikonta ha due o tre cosette da sapere prima di cominciare ad utilizzarla.

Prima cosa non c’è una leva di carica come sulle sorelline 135mm, abbiamo una rotella che avanza di fotogramma in fotogramma (cosa rara e moderna perché molte altre macchine non hanno questo tipo di funzionamento).

Seconda cosa la carica dell’otturatore non avviene con il trascinamento della pellicola. La leva che arma il meccanismo di scatto si trova sull’obiettivo. Quindi il trascinamento e la carica sono due gesti distinti.

La fotocamera è progettata per evitare che casualmente si scattino 2 foto sullo stesso fotogramma.

In parole povere se ho già scattato una foto e carico l’otturatore, il tasto di scatto non funziona fino a che non trasciniamo la pellicola al fotogramma successivo.

Una volta finito il rullino non bisognerà riavvolgerlo, questo infatti passerà dal cilindro in plastica su cui è avvolto ad un altro cilindro vuoto posto nella parte opposta. Si aprirà il dorso, con mano ferma si tira fuori il rullino scattato e si da una bella leccata ad un lembo di carta adesiva tipo francobollo per fissare la carta copri pellicola ben serrata al cilindro di plastica in modo che non si srotoli.

Il lembo amabilmente limonato mostrerà una scritta intorno alla pellicola con la dicitura EXPOSED, mentre una pellicola nuova, appena aperta, mostrerà la scritta UNEXPOSED.

In questa maniera non dovremmo confondere una pellicola già esposta e pronta allo sviluppo da una ancora da inserire nella fotocamera.

 

Tante piccole cose rendono questa macchina fotografica un po’ goffa e lenta, normalmente più le dimensioni della camera aumentano minore è la velocità operativa del mezzo.

Eppure girare per la città con questa Folding è una goduria.

Io stesso mi crogiolo nella mia goffaggine quando la uso, mi sento come se avessi perso tutte le certezze di quei gesti che ormai si ripetono sempre uguali.

Quando passeggio con lei vorrei avere un bastone da passeggio elegante, fermarmi a prendere un tè, partire di nuovo, perdermi con la mente, guardare cose senza scattare…cercare con calma un…quadrato!

 

6×6 è sicuramente un negativo quadrato, un formato non facile, troppo immediato, troppo statico, figura geometrica troppo facile, troppo equilibrata, troppo…troppo!

Si dice che spesso il formato del negativo sia influente sulla lettura dell’immagine.

Un negativo rettangolare imprime forme di visione diverse ruotando il negativo da orizzontale a verticale. Lo squilibrio tra i lati del rettangolo è già di per se un elemento che crea un certo dinamismo.

Il povero quadrato invece lo possiamo ruotare quanto vogliamo sempre quadrato rimane.

E allora? Come si fa? Beh, è qui che tocca al fotografo…se la mia “tela” non si “muove” allora dovrò essere io a disporre gli elementi all’interno del quadro per creare movimento.

Sarà il mio contenuto e la sua distribuzione all’interno della cornice a muovere il quadrato…capite bene che non è proprio la cosa più semplice ed immediata.

 

Però quanta bellezza in quelle foto ben riuscite. Tantissimi autori hanno lavorato per una vita in questo formato. Richard Avedon, Helmut Newton o Robert Mapplethorpe per citare solo i più noti. Dategli un’occhiata, con maggiore attenzione, in particolare guardate Flowers di Mapplethorpe.

 

Solo 12 pose (vi avevo accennato che nel formato 6×6 le pose sono 12?), ogni rullino mi permette di scattare solo 12 misere foto, troppo poche per chi soffre di mania compulsiva da scatto digitale, troppe per chi desidera vedere il mondo con i tre organi principali per un fotografo…cuore, pancia e testa.

 

Marco Di Meo