Analogica Ossessione| Canon DEMI EE17

 

Caratteristiche:

  • Anno di produzione 1966.
  • Fotocamera compatta ad ottica fissa.
  • Fotogramma singolo 18×24 “mezzo formato”.
  • Obiettivo Canon 30mm f1,7, angolo di campo 53 gradi.
  • Messa a fuoco a stima con range da 0,8m a infinito.
  • Mirino galileiano con cornice di riferimento e indicatori distanze.
  • Funzionamento manuale e in priorità di tempi.
  • Riavvolgimento pellicola manuale.
  • Otturatore Centrale da 1/8 a 1/500 e posa Bulb.
  • Gamma sensibilità da 25 a 400 ISO.
  • Funzione di Autoscatto.
  • Fattore compensazione filtri 2x-4x.
  • Cella esposimetrica CDS sul corpo, utilizza vecchie pile al mercurio da 1.3V non più reperibili.
  • Slitta flash a caldo senza contatto sincro, bisogna usare flash con cavo e presa pc.
  • Vite per attacco cavalletto

Si dice che nella botte piccola c’è il vino buono…in questo caso la “botte” non è poi cosi piccola come si potrebbe pensare, diciamo che è piccolo il contenuto.

Si cari miei, oggi parliamo di “mezzo formato”.

La fotocamera perfetta per i mezzi fotografi, ottima per i mezzi marinai, facile da usare per i mezzi turisti, bellissima da portare in giro per i mezzi fashionbloggervintagestylehipster. Scherzi a parte, vediamo insieme cosa ha di meravigliosamente speciale questa Canon.

 

Il Termine “mezzo formato” (half frame camera per ricerche più ampie sul web) deriva da una particolare scelta costruttiva, quella di impressionare solo metà dello spazio destinato al classico fotogramma 36x24mm della pellicola 135mm. Parliamo di una fotocamera che, con una pellicola da 36 pose permette di realizzare 72 fotogrammi 18x24mm.

Erano molto in voga durante gli anni ’60 in Giappone, praticamente ogni casa produttrice di fotocamere ne ha realizzate più di un modello (ed io ne ho almeno 7 di marche varie). Sono facili da trovare nei mercatini dell’usato o sul web con forme, dimensioni e colori improbabili. Alcune completamente automatiche, altre con comandi e funzioni per i fotografi più esperti.

 

La nostra Canon Demi EE17 (nostra si fa per dire…è mia, soltanto mia!!!) è proprio una di quelle rivolte ad un pubblico più evoluto, con la possibilità di poter impostare le velocità di otturazione e diaframmi manualmente oppure di lavorare in modalità a priorità di tempi (noi scegliamo il tempo di otturazione con il quale vogliamo lavorare e la fotocamera imposterà il diaframma appropriato alle condizioni di luce).

Costruita in maniera impeccabile come solo Canon sapeva fare (Mamma Canon!!! Perché non fai più gioiellini del genere???), ricorda in parte la Canonet QL17 GIII, le forme però sono più smussate e tondeggianti, quasi a togliergli volutamente quel rigore estetico che potrebbe intimorire l’incauto fotografo che non si sente tale.

Metallo vetro e similpelle si alternano armoniosamente come i perfetti strati di una lasagna fatta in casa.

I suoni emessi dalla fotocamera sono quelli belli: ingranaggi meccanici, metallo contro metallo, molle, tiranti, otturatore centrale a foglia, messa a fuoco a mano silenziosa e fluida.

Viene voglia di sentirla “cantare” anche senza averci messo il rullino, solo per il gusto di udire quel suono che ricorda l’interno di un perfetto orologio svizzero…ok, basta così, non vorrei dover dare spiegazioni imbarazzanti sul rapporto che ho con la piccola Canon.

Modella: Veronica Alice Baleani

Il suo funzionamento non è diverso da quello della sorella più grande, abbiamo il solito mirino galileiano soltanto che qui non è presente il telemetro. La messa a fuoco è a stima, con i classici simbolini nel mirino stilizzati di una figura in primo piano (1-3mt), di un gruppo di persone a figura intera (3-10mt) e le montagne ad indicare la focheggiatura ad infinito (10mt-infinito). Nel mirino troviamo sulla destra anche la scala dei diaframmi con un ago che ci indicherà il valore di f utilizzato dalla macchina quando la si sta usando in modalità a priorità di tempi.

Mi preme comunque dire che oltre ai simbolini nel mirino sul barilotto dell’ottica sono incise tutte le distanze di focheggiatura quindi è sempre possibile impostare una distanza esatta per la messa a fuoco. Sempre sul barilotto troviamo la ghiera per la selezione dei tempi di otturazione che vanno da 1/8 a 1/500 di secondo più la posa Bulb.

Infine, in posizione anomala, troviamo la ghiera dei diaframmi che è posta intorno al vetro della lente frontale. La scala mostra un bel f1.7 come apertura massima (mica male eh?) e via via tutti gli altri valori fino alla voce Auto per l’impostazione della modalità priorità di tempi.

Non manca la leva per l’auto scatto ed il selettore per l’impostazione della sensibilità ISO con un range che va da 25 a 400.

Una chicca che strizza l’occhio al fotografo professionista è la possibilità di correggere i fattori di esposizione per l’utilizzo di filtri 2x e 4x (filtro giallo o filtro rosso per la fotografia in bianco e nero).

La slitta per il flash è senza contatto di sincronizzazione, quindi andranno utilizzati flash con cavetto e presa pc. Insomma una macchina fotografica normale in tutto e per tutto.

Unico neo per molte fotocamere di quegli anni è l’utilizzo delle nuove batterie. La Canon come molte altre fotocamere funziona con pile al mercurio da 1,3V. Oggi questo tipo di batterie è vietato perché fortemente dannose per l’ambiente. Ed anche il voltaggio da 1,3 è stato sostituito con quello più comune da 1,5V. Quindi se si usa una batteria moderna l’esposimetro potrebbe dare una risposta starata. Al limite si possono utilizzare delle pile zinco-aria per apparecchi acustici che sono da 1.35V.

Fortunatamente la Canon funziona perfettamente anche senza pile (l’otturatole è meccanico), al limite non useremo la modalità di priorità di tempi

Cos’è che la rende speciale?

Cominciamo dalle “cose” tecniche. L’obiettivo è strepitoso! Nitido, tonalità di grigi sulla fotografia B&W fantastica, ricca e corposa. Nelle foto a colori i toni sono morbidi e mai eccessivamente saturi, guardando le immagini vi sentirete come Marty McFlay in Ritorno al Futuro.

L’otturatore centrale è silenzioso, veloce e ci da la possibilità di scattare con tempi lenti a mano libera evitando il micro mosso. Vogliamo parlare del fatto che possiamo scattare 72 foto con una pellicola da 36 pose? C’è il forte rischio che prima di finire il rullino siano passate tutte e 4 le stagioni.

Infine che dire di una fotocamera che di base propone un’inquadratura verticale???

Quando impugniamo la macchina orizzontalmente abbiamo un’inquadratura verticale, se giriamo la fotocamera in verticale inquadriamo in orizzontale, sembra un indovinello, vero?

 

In verità questo gioiellino si presta a molte situazioni fotografiche creative. Immaginate che su di un fotogramma 36×24 vi troviate due foto 18×24 separate dal normale spazio separa immagini…se stampo in maniera classica andrò ad imprimere su carta tutto il negativo (o positivo) 36×24. Risultato? Un dittico!

Con questo genere di fotocamera posso stampare fotogrammi singoli o dittici, trittici ecc.

Ma posso anche realizzare dei panorami spezzettati sommando 4-5-6 foto 18×24.

Immagino che una messa a fuoco a stima possa spaventare gli accoliti di nostro signore autofocus, ma dovete sapere che ad un fotogramma più piccolo corrisponde una maggiore profondità di campo a parità di diaframma, quindi non mi starei troppo a preoccupare della precisione di messa a fuoco, è davvero difficile sbagliare.

Modella Veronica Alice Baleani

Infine la cosa che più adoro di queste “mezzo formato” è il fattore granulosità della pellicola che viene fuori maggiormente in virtù del fatto che negativi più piccoli vengano ingranditi maggiormente…una goduria!!!

In casi estremi, con pellicole scadute e sviluppi energici, mi sono ritrovato con foto che sembravano disegni a matita su carta ruvida, meravigliosi cristalli chiaroscuri che si andavano aggregando in quella che era si una immagine ma che non ero più tanto sicuro si potesse chiamare foto.

Ed è in quel momento che mi sono domandato quand’è che una fotografia si definisce tale? Quando è stata fatta con una fotocamera? Quando guardando una foto distinguiamo una realtà a noi riconoscibile?

Ma soprattutto, è davvero cosi importante che un lavoro personale, un ritratto, un paesaggio o che ne so io la foto dei vostri piedi a mollo in mare sia definito solo per il mezzo che lo ha realizzato?

 

Marco Di Meo